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venerdì 18 novembre 2016

Quando il pignoramento supera di molto il valore del credito


Quando il pignoramento supera di molto il valore del credito


Eccedenze nel procedimento di esecuzione ed istanza di riduzione del pignoramento.


Ai sensi dell'art. 491 c.p.c. l'esecuzione forzata ha inizio con il pignoramento. Con la procedura esecutiva, infatti, il creditore procedente mira ad ottenere la soddisfazione del suo diritto di credito attraverso la vendita all'asta delle somme pignorate secondo le modalità che vengono definite dal giudice dell'esecuzione. A seguito della vendita, quindi, al creditore sarà assegnato quanto di sua spettanza. 
Cosa accade tuttavia quando il valore delle somme o dei beni pignorati risulti di gran lunga eccedente rispetto al credito?

Istanza di riduzione del pignoramento

Ai sensi dell'art. 496 c.p.c. Il debitore, laddove ritenga che il valore delle cose pignorate risulti di gran lunga eccedente rispetto al credito può presentare istanza affinché, previa audizione del creditore, venga disposta la riduzione. È opportuno precisare come detta operazione possa essere disposta anche d'ufficio dal giudice dell'esecuzione. La norma infatti prevede testualmente che "Su istanza del debitore o anche di ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all'importo delle spese e dei crediti di cui all'articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento". Giova precisare come la giurisprudenza abbia ritenuto che l'istanza di riduzione del pignoramento non possa essere promossa per la prima volta nel giudizio di opposizione all'esecuzione rimanendo estranea allo stesso (Cass. civ., sez. III, 9 dicembre 1992, n. 1321). Ancora, sempre la giurisprudenza di legittimità, è pervenuta ad ammettere che, con riferimento ai beni sottoposti a pegno o ipoteca, "Se si delinea una situazione di eccesso nell'assoggettamento a pignoramento nel corso di una procedura esecutiva, può essere disposta la riduzione del pignoramento anche se abbia l'effetto di liberare dal vincolo alcuni beni immobili ipotecati, purché rimangano assoggettati al pignoramento altri immobili ipotecati in misura sufficiente a soddisfare i creditori (Cassazione civile sez. III 16 gennaio 2006 n. 702). Questa operazione non determina come conseguenza la sottrazione del bene al vincolo della prelazione, che potrà tornare ad essere fatta valere esclusivamente se il credito risulterà insoddisfatto. La riduzione del pignoramento, attivabile anche d'ufficio dal Giudice dell'Esecuzione, può essere promossa anche solo da alcuni debitori ma, laddove vi siano più condebitori in solido, ritiene la giurisprudenza che "anche nella eventuale concentrazione e conservazione del vincolo esecutivo sui beni di uno soltanto dei condebitori, il quale non può dolersi dell'adozione del provvedimento che, sebbene vantaggioso per i coobbligati, non lo espone a rischi più gravi di quelli originariamente compresi nella sua posizione di condebitore solidale, tenuto come tale per l'intero e soggetto ad escussione per il corrispondente importo"(Cassazione civile sez. III 16 gennaio 2006 n. 702).

Alternative all'istanza di riduzione

La legge normalmente consente al creditore di pignorare beni del valore pari all'importo del proprio credito aumentato della metà. La ragione per cui è consentita detta operazione consiste nel permettere al creditore di compensare gli interessi sopravvenuti ed eventualmente le spese legali. Di conseguenza, laddove dovessero essere state pignorati beni mobili eccedenti il valore del credito l'importo della vendita che supera quello preteso dal creditore viene restituito al debitore; se invece viene pignorato il conto corrente le somme che superano il credito sono sbloccate e rientrano nella piena disponibilità del debitore.

Conclusioni

Le alternative poste al debitore laddove le somme sottoposte a pignoramento eccedano il valore del credito sono essenzialmente due. La prima, presentare istanza di riduzione ex art. 496 c.p.c. (che può essere disposta anche d'ufficio) ma non per la prima volta in sede di opposizione all'esecuzione. In alternativa (fermo restando che il creditore può sottoporre a pignoramento beni corrispondenti al valore del proprio credito aumentati della metà) può attendere la restituzione a seguito della vendita.


Fonte: Quando il pignoramento supera di molto il valore del credito. 

lunedì 14 novembre 2016

Home restaurant: pronta la legge


Home restaurant: pronta la legge

Fino a 500 coperti e massimo 5mila euro l'anno per la nuova professione dei cuochi fai-da-te


Passione per il buon cibo e condivisione di pranzi e cene con sconosciuti a casa propria e a pagamento. Una pratica di sharing economy da anni già diffusa negli altri paesi. Adesso l'home restaurant o "social eating" sta diventando una moda abbracciata anche dagli italiani. 
Le regioni in cui il fenomeno è più diffuso sono la Lombardia (16,9%) il Lazio (13,3%) e il Piemonte (11,8%). Secondo Confesercenti, nel 2014, gli home restaurant italiani hanno fatturato oltre 7 milioni di euro. In attività ci sono 7mila cuochi che hanno organizzato oltre 37mila eventi, con la partecipazione di circa 300mila persone. Gli incassi medi per serata si aggirano intorno ai 194 euro. A questo punto si è pensato che fosse necessaria una normativa ad hoc. Il disegno di legge interviene sull'argomento cercando di regolamentare il settore - con disposizioni contro l'evasione fiscale, i pagamenti elettronici, la registrazione obbligatoria alle piattaforme online, un ricavo massimo fissato a 5000 euro e un massimo di 500 coperti l'anno - ha appena concluso il suo iter presso la commissione Attività Produttive della Camera ed è pronto per approdare in aula. 

La definizione di home restaurant

Nel testo di legge l'home restaurant è definita come: "l'attività finalizzata alla condivisione di eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche all'interno delle unità immobiliari ad uso abitativo di residenza o domicilio, proprie o di un soggetto terzo, per il tramite di piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti, anche a titolo gratuito e dove i pasti sono preparati all'interno delle strutture medesime".

Attività e pagamenti

La caratteristica dell'home restaurant è che si considera attività saltuaria dunque non può superare il limite di 500 coperti l'anno e non si potranno avere proventi superiori a 5mila euro annui. I pagamenti andranno fatti con carte di credito o bancomat, passando dalla piattaforma che gestisce le prenotazioni. Non è richiesta l'iscrizione al registro degli esercenti il commercio. L'attività di home restaurant non può sommarsi a AirBnb, non può dunque "essere esercitata nelle unità immobiliari a uso abitativo in cui sono esercitate attività turistico-ricettive in forma non imprenditoriale". 
E chi non presenta la Scia (segnalazione certificata di inizio attività) sarà soggetto a multe comprese tra 2.500 a 15mila euro.
Gli home restaurant sono obbligati a registrarsi ai portali di social eating, che dovranno fare da supervisori, perché il provvedimento non appesantisca con cavilli burocratici un'attività nata per condividere il piacere della buona tavola. Le attività di home restaurant devono essere inserite nella piattaforma almeno 30 minuti prima del loro svolgimento e l'eventuale cancellazione del servizio prima della sua fruizione deve rimanere tracciata.

I controlli

Nessuna parte del ddl, tuttavia, fa cenno alle norme igieniche-sanitarie. Nel testo, in verità, c'è qualche eccesso di libertà poichè ai ristoratori fai-da-te non sarà imposto nessun controllo sanitario, ma solo la dichiarazione di abitabilità. 


Cancellazione Centrale Rischi



Cancellazione Centrale Rischi: come si procede e quando se ne ha diritto



Guida pratica per ottenere l'eliminazione dal registro dei cattivi pagatori

Cosa sono il SIC ed il CRIF? Il CRIF (centrale di rischio finanziario) è il principale gestore del sistema di informazioni creditizie e consiste, essenzialmente, in un archivio all'interno del quale vengono conservati i dati relativi ai finanziamenti che vengono richiesti dai privati o dalle imprese. Il SIC (Sistema di informazioni creditizie) è uno strumento che consente alle banche e alle società finanziarie di poter accedere alla posizione dei privati, valutarne l'affidabilità in base ai pregressi finanziamenti e dunque eseguire una stima reale e prospettica del loro grado si solvibilità. Tra i sistemi di informazione creditizia, contrariamente a quanto ritenuto dai più, non è possibile reperire solo informazioni dei cattivi pagatori ma finanche la posizione di coloro che hanno assunto, e assolvono con regolarità, una serie di obbligazioni.


L'iscrizione al CRIF

La registrazione al CRIF avviene con modalità differenti a seconda che il soggetto che viene iscritto sia un consumatore o un'impresa. Se si tratta di un consumatore questi viene inserito nel sistema di informazioni creditizio laddove, presa visione dell'apposita informativa, presti il suo consenso all'iscrizione oppure se il finanziamento presenti delle irregolarità nei rimborsi, anche in assenza di consenso. Se invece il soggetto è un'impresa l'iscrizione avviene a seguito della presa visione e manifestazione del consenso al trattamento dei dati. Non esiste un obbligo di manifestare il proprio consenso alla registrazione presso il Sistema di informazioni creditizie, ben potendo il consumatore negare il suo consenso all'iscrizione. Va tuttavia precisato che a fronte di tale diniego può corrispondere il rifiuto dell'istituto di concedere il finanziamento. Si precisa comunque che con l'entrata in vigore del Decreto legislativo n.141 del 2010, ("Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché' modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi"), è imposto agli istituti di credito di valutare il merito della richiesta prima di concedere il finanziamento. Tuttavia laddove vi siano informazioni negative come ritardi nei pagamenti o irregolarità nell'assolvimento di un'obbligazione scaturente da finanziamento, si viene segnalati di diritto anche in assenza della manifestazione del consenso.

Cancellazione dal CRIF

"Sono stato registrato come cattivo pagatore al CRIF, posso ottenerne la cancellazione? E come?". A questa domanda esiste ovviamente una risposta incoraggiante, tesa soprattutto a dimostrare che il centro di informazioni creditizie può eliminare i dati in suo possesso e relativi ad un determinato consumatore laddove ricorrano determinate condizioni. I dati relativi a prestiti e finanziamenti presenti nel sistema di informazioni creditizie di CRIF sono cancellati dal centro automaticamente, anche in assenza di specifiche istanze da parte del consumatore. I tempi di cancellazione sono stabiliti dal Codice Deontologico e cambiano in base al tipo di dato. Qui, seppur sinteticamente, si riportano i tempi di cancellazione in relazione alla motivazione dell'iscrizione nel registro. Se il finanziamento è in corso di istruttoria si viene cancellati decorsi sei mesi dalla data di iscrizione, ovviamente anche in assenza di specifica istanza. Se la richiesta di finanziamento è rifiutata la cancellazione avviene dopo un mese mentre se i finanziamenti vengono rimborsati regolarmente la cancellazione avviene decorsi 36 mesi dalla data di estinzione effettiva del rapporto di credito. Nell'ipotesi in cui vi siano ritardi relativi ad una o due rate/mensilità, la cancellazione è disposta d'ufficio al termine di 12 mesi decorrenti dalla comunicazione di regolarizzazione, a condizione che nei 12 mesi i pagamenti siano stati eseguiti sempre e con puntualità. Quando il consumatore è in ritardo di tre o più mensilità, per poter essere cancellati dal CRIF è necessario che siano passati 24 mesi dalla comunicazione di regolarizzazione, anche qui sempre a condizione che i pagamenti siano stati sempre eseguiti con puntualità. Da ultimo, se un finanziamento non viene rimborsato, la cancellazione avviene dopo 36 mesi dalla data di estinzione prevista o dalla data in cui l'istituto di credito ha fornito l'ultimo aggiornamento.


La posizione della giurisprudenza

Giunti a questo punto dell'indagine di particolare interesse può rivelarsi la disamina della posizione della giurisprudenza sul tema della cancellazione dei consumatori (o delle imprese) dal CRIF. Trattandosi di una procedura, quella dell'iscrizione, di ampia diffusione ed oggi legislativamente tipizzata (si pensi alle novità introdotte dal D.Lgs. 141/2010 a cui sopra si è fatto riferimento) è più che mai ovvio che gli uffici giudiziari siano stati investiti di dispute che abbiano ad oggetto la materia de qua. In particolare i giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto che "In punto di diritto si osserva che l'annotazione del nominativo presso le banche dati private rientra nell'ambito di applicazione del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 11, in forza del quale il trattamento dei dati personali deve essere effettuato con diligenza - dovendo, in particolare, i dati essere "trattati in modo lecito e secondo correttezza" (lett. a) - e deve, altresì, rispondere a requisiti di esattezza e di aggiornamento" (Cassazione civile, sez. III, 13/05/2014, (ud. 18/02/2014, dep.13/05/2014), n. 10325). Con riferimento alla necessaria tutela della privacy, argomenta la Suprema Corte nella citata pronuncia che il criterio che deve orientare la tenuta dei predetti registri è quello della gestione delle attività pericolose, posto che "Contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, il parametro di valutazione della responsabilità non è quello dell'ordinaria diligenza, bensì quello previsto per "le attività pericolose", richiamato dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15, (Codice della privacy)". L'art. 15 del codice della privacy dispone infatti che "Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali e' tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile. Il danno non patrimoniale e' risarcibile anche in caso di violazione dell'articolo 11". Ancor più di recente la Corte di Cassazione si è espressa nel precludere la registrazione presso le banche dati dei pagatori laddove la medesima venga operata con superficialità o sul presupposto di un mero ritardo nel pagamento. Si legge nella sentenza cui si fa riferimento che "A ciò si aggiunga che, come innanzi rilevato, in forza delle richiamate istruzioni «l'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest'ultimo nel pagamento del debito». Sì che ciò che rileva è la situazione "oggettiva" di incapacità finanziaria («incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte») mentre nessun rilievo assume la manifestazione di volontà di non adempimento se giustificata da una seria contestazione sull'esistenza del titolo del credito vantato dalla banca" (Cassazione - Sezione prima - sentenza 5 marzo - 1 aprile 2009, n. 7958 Presidente Vitrone - Relatore Didone). Dalle parole della Corte si evince che non può ritenersi satisfattivo ai fini dell'iscrizione un semplice inadempimento del debitore ma occorre che quest'ultimo verta in una "grave e non transitoria difficoltà economica". Segnalazioni che divergano, quanto a modalità operative e sistematiche da quelle enunciate comportano una grave responsabilità degli Istituti di credito per violazione del codice della privacy, con conseguente diritto al risarcimento del danno ex art. 2050 del Codice Civile (Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un' attività pericolosa , per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno).

Conclusioni

L'iscrizione presso la centrale di rischio finanziario è funzionale a garantire l'assolvimento di determinati obblighi ma deve essere operata con prudenza e diligenza. Sebbene la legge imponga che determinati dati vadano raccolti al fine di valutare il grado di solvibilità del consumatore non può disconoscersi come detto obbligo debba essere contemperato con le esigenze di tutela della privacy, in species del disposto dell'art. 15 (vedi sopra) del d.lgs. 196/2003 la cui violazione può comportare il sorgere di un diritto al risarcimento ex art. 2050 c.c.